Rinnovo del porto d’armi in un bella sentenza di settembre…..qui riportiamo

 

Scritto da Francesco Pandolfi  6/10/2015 | 2:06 Pubblicato in Amministrativo e Lavoro, Penale

  • 06 ott.2015

Parliamo del Tar Torino e della sentenza n. 1378 del 29.09.2015

Il ricorrente, guardia giurata presso un Istituto di Vigilanza, ha chiesto al Tribunale di annullare il decreto con il quale il Prefetto ha rigettato l’istanza per il rinnovo della licenza di porto di pistola.

L’istituto di vigilanza ha chiesto il rinnovo del decreto di nomina a guardia giurata del ricorrente e relativa licenza di porto di pistola; la Prefettura, vista la nota della Questura che segnalava la presenza di una condanna del 1980, di tre mesi di reclusione, per il reato di furto tentato in concorso, ha negato il rinnovo della licenza di porto di pistola senza tuttavia adottare alcuna determinazione rispetto alla domanda di rinnovo della nomina di guardia giurata.

Avverso l’atto impugnato il ricorrente ha dedotto: eccesso di potere per carenza di motivazione, violazione del principio di legittimo affidamento

Il ricorso è fondato e merita di essere accolto.

Il diniego di rinnovo è fondato sul carattere asseritamente ostativo ex art. 43 c. 1 TULPS, della condanna riportata dal ricorrente per il reato di furto tentato in concorso, emessa a carico del ricorrente dal Tribunale di Torino, condanna per la quale egli ha ottenuto la riabilitazione, seppure dopo il provvedimento impugnato, con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza del 2015.Tali censure sono fondate e meritevoli di accoglimento.

Come già affermato da questa Sezione (sentenza n. 1269/2015) “tra i due orientamenti sviluppati dalla giurisprudenza circa la norma in questione il Collegio ritiene, infatti, di dover condividere quello espresso dalla Sezione III del Consiglio di Stato nella decisione n. 822 del 12.02.2013 per cui “pur potendosi condividere in linea di massima l’assunto secondo cui le condanne per i reati indicati nel ripetuto art. 43, I c., lett. a) e b) assurgano a speciali incapacità ex lege al rilascio o al rinnovo delle autorizzazioni di polizia (tali da non esser superate sic et simpliciter dalla mera riabilitazione dell’interessato), tuttavia, non si può trarre da tali vicende il carattere d’irreversibile permanenza del loro effetto ostativo, non superabile da alcuna situazione sopravvenuta, anche nella precipua materia della detenzione e dell’uso delle armi.  Infatti, la vincolatezza della norma è preclusiva, ma per entrambi gli attori del procedimento di rilascio o rinnovo, d’ogni automatismo.

UNA SOGGEZIONE PERPETUA NON E’ AMMESSA DAL NOSTRO ORDINAMENTO

Come, insomma, il privato non può pretendere alcunché dalla P.A. procedente per il sol fatto dell’avvenuta riabilitazione da condanne per i reati indicati nel medesimo art. 43, I c., lett. a) e b), così la P.A. non può considerare le condanne a guisa di fatto preclusivo immodificabile, giacché siffatta soggezione perpetua appare, in questo come in altri campi dell’esperienza giuridica, estranea all’ordinamento positivo.  Ove fosse consentita alla P.A., sempre e comunque (e, dunque, senza badare all’evoluzione d’ogni singola vicenda), una motivazione di rigetto completamente avulsa dalla realtà attuale e condizionata da condotte risalenti ad un passato ormai remoto e non più riprodotto, la norma sarebbe così, nella sua irragionevolezza, di dubbia legittimità costituzionale, mentre, com’è noto, il giudice deve privilegiare, per costante giurisprudenza costituzionale, una interpretazione della norma conforme alla Carta”.

Dunque non è sufficiente per l’Amministrazione invocare il dato fattuale della sua remota condanna per furto tentato, occorrendo, piuttosto, procedere ad una concreta prognosi che tenga conto sì di tale evento, ma pure (come nella specie) del pregresso rilascio del titolo di polizia, della condotta tenuta dall’interessato nell’ampio lasso di tempo successivo alla condanna (ormai nel caso di specie risalente a più di trent’anni fa), nonché di fatti eventualmente sintomatici della pericolosità effettiva ed attuale di questi e d’ogni altro elemento utile a lumeggiarne la personalità.

L’interpretazione prescelta non disconosce la peculiarità dell’art. 43 c. 1 del TULPS – motivata dalla delicatezza evidente della materia dell’uso delle armi circa la sicurezza personale e pubblica – rispetto alla regola generale dettata dal precedente art. 11, che non consente di negare il rilascio del titolo di polizia a chi abbia ottenuto la riabilitazione, ma ritiene che la valutazione della P.A. debba tener conto, per un esatto giudizio, di essa come di tutti gli altri elementi che connotano con carattere di attualità, la personalità e l’affidabilità dell’interessato.

La condanna per delitti violenti non colposi è, così, in definitiva, opponibile all’istanza del privato, in ordine alla detenzione ed all’uso delle armi, solo se vi sia una pluralità di indici concreti ed accertati d’attuale pericolosità ed inaffidabilità di questi.