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ARMI: chimica delle polveri

DATI CHIMICI SULLE POLVERI

 

    Più che esporre qui la completa teoria chimica degli esplosivi e delle polveri, ci limiteremo a dare notizie fondamentali e di utilità dal punto di vista balistico e per eventuali applicazioni, rimandando il lettore ai trattati speciali. Le polveri balistiche (esplosivi di lancio o di propulsione) appartengono a due distinte categorie:

    miscugli esplosivi (miscele fisico meccaniche);

  • composti esplosivi (specie chimiche definite)

    Prototipo delle polveri della prima categoria è la polvere nera; dette polveri sono anche dette polveri ordinarie o polveri fumigene. Sono costituite da una mescolanza intima di componenti che da soli non possiedono qualità esplosive. Di detti componenti, parte sono combustibili (zolfo, carbone), parte comburenti, contengono cioè l’ossigeno necessario alla combustione, il quale viene a tutti gli esplosivi in generale fornito dall’acido nitrico. Le polveri della seconda categoria invece sono composti chimici la cui costituzione è ben definita e contengono riuniti tutti gli elementi che debbono combinarsi all’atto della reazione esplosiva. Questi composti chimici sono sempre ossigenati e derivano dalla nitrazione di composti organici del carbonio (cellulosa, glicerina, fenolo, naftalina, toluolo, ecc.). Esse prendono il nome di polveri senza fumo, perchè la loro combustione dà luogo a poco fumo leggero, non contenendo i prodotti della combustione se non il solo vapor d’acqua, azoto, ossido di carbonio o anidride carbonica. Sono dette anche polveri nitroconposte denominazione che se è giusta in se stessa, è impropria come classificazione distintiva, perchè anche le polveri fumigene sono a base di nitro. Le polveri senza fumo possono anche essere costituite da miscugli di due o più specie esplosive, o con sostanze inerti o non esplosive; ma in tal caso si classificano egualmente nella seconda categoria. Vengono per ultimo quei composti esplosivi che si impiegano nella preparazione di miscugli per gli inneschi. Questi non sono esplosivi di propulsione. I principali tipi di polveri ordinarie e le specie chimiche esplosive impiegate nella composizione delle polveri senza fumo e delle miscele di innesco sono elencate qui appresso:

Polveri ordinarie o fumsigene (miscugli esplosivi):

Polvere nera (zolfo, carbone, salnitro).

Polveri al nitrato di ammonio.

Polveri al nitrato di bario.

Composti chimici esplosivi (specie chimiche definite che entrano nella composizione delle polveri infumi):

Nitrocellulose (Binitrocellulosa o cotone collodio;

Trinitrocellulosa o cotone fulminante).

Nitro glicerina;

Trinitrofenolo (acido picrico);

Nitrotoluoli (Binitrotoluolo; Trinitrotoluolo o trotyl o trinitronaftaline (Binitronaftalina; Trinitronaftalina).

Composti chimici da innesco:

fulminati;

azotidrati.

Le polveri infumi, dal punto di vista chimico, possono classificarsi in:

nitrocellulose gelatinizzate;
polveri a base di nitro glicerina (balistiti, corditi);
polveri a base di nitrocellulosa non gelatinizzata.

 

POLVERE NERA

E' una mescolanza intima di carbone, zolfo e nitrato di potassio. Le proporzioni più in uso sono le seguenti:

  C S KNO3
per le armi rigate 12,5 12,5 75
per le armi ad anima liscia (caccia) 12 10 78

Le reazioni di esplosione sono:

per il primo tipo:

16 KNO3 + 21 C + 7 S = K2C03 + 2 K2S3 + K2S04 + 13 CO2 + 3 CO + 8 N2

per il secondo tipo:

10 KNO3 + 12 C + 4S = K2C03 + 2 K2S + 2K2S04 + 8 CO2 + 3 C0 + 5 N2.

La combustione lascia residui solidi in grande quantità (fecce) che sporcano le armi e dà molto fumo. Offre vantaggi, diminuendo le fecce e il fumo, la composizione inglese, del 75 di nitro, 15 di carbone, 10 di solfo. Sarebbe sufficiente, per ottenere la miscela esplosiva, il carbone come combustibile e il nitro come comburente; lo zolfo serve a facilitare la combustione, la decomposizione del salnitro, e l’ossidazione del carbonio, a regolarizzare e accelerare la reazione, a diminuire l’igroscopicità della polvere. Nell’infiammazione, il primo a bruciare è lo zolfo, che fonde e decompone il nitro, il quale svolge ossigeno libero che brucia il carbone. La temperatura di accensione è di circa 280-300 gradi. In media, dei prodotti della combustione il 55% sono solidi, e il 45% gas permanenti. Un grammo di polvere nera dà 280 cm3 di gas a 760 mm di pressione pari a circa 8oo cm3 alla temperatura di esplosione. Come esplosivo di lancio, la polvere nera, oltre l’inconveniente già accennato delle fecce e del fumo, ha limitati effetti balistici, a causa della limitata quantità di gas che dà nella combustione ed è fortemente igroscopica. Per contro, ha poca forza dilaniatrice, è di caratteristiche molto regolari, di facile accensione, non corrode e non ossida le canne e ha bassa temperatura di esplosione.

Fabbricazione della polvere nera.

Consiste essenzialmente nella macinazione e triturazione più fine ed intima che sia possibile dei componenti la miscela; quindi nella formazione dei granuli. Si procede anzitutto alla triturazione separata di una miscela zolfo-carbone, detta miscela binaria (binaria-zolfo) e di una miscela binaria di carbone e salnitro (binaria-salnitro); poi si mescolano queste due binarie nella dovuta proporzione. La triturazione si compie in botti cilindriche orizzontali girevoli, in ferro, contenenti delle sfere di bronzo. La miscela definitiva, unione delle due binarie, si chiama ternaria. Essa viene trattata in una macina o molassa in ghisa e inumidita con vapor d’acqua; esce dalla molassa sotto forma di schiacciata in quantità di circa 20 kg per volta. La formazione dei grani avviene nella botte granitrice, composta di due cilindri concentrici: l’interno di robusta lamiera d’ottone forata, contiene delle palle in legno duro che saltando su delle traverse in legno duro spezzettano la schiacciata, l’esterno è di tela a maglia fina, secondo la massima dimensione da dare ai granuli. All’uscita dal cilindro esterno la polvere passa per un setaccio che classifica i granuli. Seguono il disangolamento, la lisciatura, un essiccamento che porta l’umidità al 0,5-0,6% , l’ingrafitatura (rivestimento esterno di grafite finissima eseguito in botte). Ciascun lotto di Polvere viene provato agli apparecchi che ne misurano i caratteri balistici: i vari lotti vengono tagliati, ossia mescolati in modo che il tipo che ne risulta sia di caratteristiche costanti. Quindi la polvere viene inscatolata, incassata e spedita.

Polveri al nitrato di ammonio e di bario.

Sostituendo al nitrato di potassio il nitrato di ammonio NH4NQ3 o il nitrato di bario 13a(N03)2 ed eliminando lo zolfo, si possono ottenere altri tipi di polvere, che sebbene non introdotti nell’uso corrente per le armi, sono interessanti e suscettibili di applicazioni. Il nitrato di ammonio, debolmente esplosivo di per se stesso, in unione a sostanze combustibili dà esplosioni molto vivaci, combinando l’eccesso di ossigeno, e si trasforma totalmente in gas. I prodotti della combustione danno leggerissimo fumo, e sono basici; la temperatura finale d’esplosione è molto bassa. Inconveniente principale del nitrato di ammonio è la forte igroscopicità e il fatto che intacca i metalli se umido; non è quindi adatto per polveri da cartucce a bossolo metallico. Come polvere di lancio a base di nitrato d’ammonio non vi è ad oggi che l’arnmonite, di esclusivo uso militare poco diffuso miscela di 80 parti di n. di ammonio e di 20 parti di carbone ottenuto carbonizzando il legno dolce con acido solforico. Riteniamo che, convenientemente studiata la composizione di una miscela impermeabile a base di n. di ammonio, si potrebbe ricavarne una buona e sicura polvere per caccia a basso costo. Le polveri al nitrato di bario sono invece poco igroscopiche, ma danno più fecce e meno gas delle polveri nere; sono però molto regolari e meno infiammabili di queste.

COMPOSTI CHIMICI ESPLOSIVI

Nitrocellulose.

Si ottengono, come abbiamo detto, con la nitrazione di composti organici del carbonio; è fondamentale fra essi il gruppo delle nitrocellulose, le quali entrano come base in tutte le polveri senza fumo. La cellulosa è una sostanza organica di formula bruta (C6H10O5)n che si trova in natura fra i vegetali, allo stato quasi puro nelle fibre del cotone, nella pasta di legno, ecc. Trattata con acido nitrico, forma una reazione del seguente schema generale:

C24H40020 + nHNO3 = nH2O + C24H40-n (NO2)n 020

Il numero di molecole n di acido nitrico varia secondo il grado di concentrazione dell’acido e la temperatura di reazione. Si conoscono le seguenti specie di nitrocellulosa:

Nitrocellulosa Formula Titolo azotometrico
Monononitrica C24H39 (NO2) O20 -
Binitrica C24H38 (NO2)2 O20 3.790
Trinitrica C24H37 (NO2) 3 O20 -
Tetranitrica C24H36 (NO2) 4 O20 6.763
Pentanitrica C24H35 (NO2) 5 O20 8.018
Esanitrica C24H34 (NO2) 6 O20 9.149
Eptanitrica C24H33 (NO2) 7 O20 10.280
Ottonitrica C24H32 (NO2) 8 O20 11.111
Enneanitrica C24H31 (NO2) 9 O20 11.966
Decanitrica C24H30 (NO2) 10 O20 12.750
Endecanitrica C24H29 (NO2) 11 O20 13.473
Dodecanitrica C24H28 (NO2) 12 O20 14.140

Esse si ottengono variando nda 1 a 12 e prendono il nome dal numero delle molecole di acido nitrico combinato. Queste nitrocellulose appartengono alla serie dodecanitrica, perché si combinano con un numero massimo di 22 molecole di H2NO3 e partono dalla cellulosa (C6H,10O5)n = 4; le cellulose (C6H1005) n = 3 assumono fino ad un massimo di 6 molecole di HNO3 e danno la serie esanitrica; quelle (C6H1005)n = 1 danno una serie trinitrica. Il titolo azotometrico è caratteristico delle nitrocellulose e ne determina il potere esplosivo. Bisogna però tener presente che le reazioni su accennate non avvengono ugualmente in tutte le fibre di una massa di cotone nitrato; il titolo azotometrico che si misura è quindi quello medio di un insieme di varie specie di nitrocellulose. Per ottenere costanza di prodotti occorre perciò la massima cura nella lavorazione e una accurata scelta di materie prime purissime e di tipo costante. Praticamente le nitrocellulose si classificano a seconda della loro solubilità che è carattere importante per gli usi pratici, e che dipende pure dal titolo azotometrico. Le nitrocellulose oltre l’enneanitrica (deca, endeca, dodecanitrica) si sciolgono solo nell’acetone e nell’etere acetico. Esse prendono il nome di nitrocellulose insolubili, o quelli generici di cotone fulminante, o fulmicotone, o trinitrocellulosa. Le nitrocellulose ottonitrica ed enneanitrica sono solubili nell’alcool, etere e nella nitroglicerina. Esse vengono dette nitrocellulose solubili, cotone collodio o binitrocellulosa. Le nitrocellulose di titolo inferiore si chiamano pirossili; esse non hanno applicazioni nelle polveri, ma trovano impiego in altri procedimenti industriali (celluloide, seta artificiale). Cotone fuinlinante. Ne sono generalmente noti gli usi e gli effetti come esplosivo di rottura; ci limiteremo quindi a dire che esso non può essere impiegato nella fabbricazione delle polveri tal qualè, ma deve essere sottoposto all’operazione di gelatinizzazione per rallentarne la combustione. Cotone collodio. Non viene mai impiegato da solo nella fabbricazione delle polveri, ma in unione a percentuali più o meno elevate di nitroglicerina. L’unione con questa sostanza esplosiva dà in pari tempo la gelatinizzazione.

Nitroglicerina.

Si prepara nitrando la glicerina, alcool poliatomico di formula bruta CH2OH . CHOH . CH2OH, secondo la reazione seguente:

CH2OH . CHOH , CH2OH + 3 HNO3 = 3 H2O + CH2(0N02) . CH(0N02) . CH2(ONO).

È un etere nitrico della glicerina; liquida alla temperatura ordinaria, oleosa, leggermente colorata in giallo, molto velenosa, potente vaso costrittore usata perciò in medicina a lievissime dosi, di enorme violenza esplosiva, detonante, sensibile agli urti meccanici, estremamente pericolosa di fabbricazione e di maneggio. Si altera alla luce e all’umidità, congela a + 7°, èmolto infiammabile e brucia senza deflagrazione se all’aria libera in piccola quantità. A 110 gradi si decompone, a 150 esplode. È ovvio che non può essere impiegata da sola nella fabbricazione delle polveri; è utilizzata in unione al cotone collodio di cui è solvente. 

Acido picrico o trinitrofenolo.

È un derivato nitrico del fenolo C6H5(OH) che si ottiene anche esso per nitrazione. La formula è C6H2(OH) (NO2)3. Si ottiene partendo dal dinitrofenolo, preparato dal clorobenzene, oppure nitrando il derivato solforico del fenolo. È solido, color giallo paglierino, cristallino o polverulento, poco solubile nell’acqua fredda. Leggermente velenoso, tinge in giallo la pelle e per togliere le macchie occorre lavarsi con benzina. Fonde a 120°, esplode bruscamente oltre i 3oo°; se amorfo è pochissimo sensibile agli urti. Non evapora e non congela, né altera all'umidità. A contatto con metalli, specie se in ambiente umido, forma picrati pericolosissimi, perché detonanti e sensibili all’urto. Viene impiegato, insieme con altre sostanze esplosive, allo stato di picrato di sodio o di potassio, nella fabbricazione di alcuni tipi scadenti di polveri da caccia.

Trinitrotoluene.

Si ottiene dalla nitrazione del tolueene C6H5(CH3), olio leggero della distillazione del catrame di carbon fossile, passando gli stadi di mono e dinitro. La formula è C6H2(CH3) (NO2)3. E' un alto esplosivo, affatto pericoloso di lavorazione e di manipolazione, usato per caricare granate in sostituzione dell'acido picrico. Nella fabbricazione delle polveri non si osa che in piccole percentuali, nella preparazione delle balistiti attenuate.

Trinitronaftalina.

Si ottiene dalla nitrazione della naftalina C10H8, prodotto della distillazione del catrame di carbon fossile; nei diversi gradi di nitrazione si hanno la mononitronaftalina non esplosiva, la dinitro e la trinitro, esplosiva. La formula è C9H2(CH3) (NO2)3. La trinitronaftalina contiene un grande eccesso di carbonio, ciò che la rende esplosivo sicuro, poco sensibile e molto regolare. Si usa nella preparazione di alcune polveri da caccia come riducente e rallentatore di combustione; ma ha l’inconveniente di dare un poco di fumo.

Fulminati.

Sono i sali metallici dell’acido fulminico (CyNOH)2, prodotto di ossidazione del cianogeno. Sono detonanti di altissima potenza, sensibilissimi all’urto e allo sfregamento; perciò trovano impiego esclusivamente nelle miscele di innesco. E' di solo impiego pratico il fulminato di mercurio (CyNO)2Hg cristallino aghiforme, velenoso, solubile nell’acqua bollente e nell’ammoniaca, sensibile alla luce. Viene preparato facendo reagire sull’alcool una soluzione di nitrato di mercurio nell’acido nitrico. Si scioglie una parte di Hg in 10 di acido e si fa colare lentamente il liquido mercuriale in p. 8,3 di alcool a 8°°, a temperatura di 54° C. Il fulminato si deposita in cristallini che vengono lavati più volte è macinato sott’acqua e conservato umido. Detona scaldato lentamente fra i 150° e i 180°; detona sempre se riceve un piccolo urto o un leggero sfregamento, una scintilla elettrica, una goccia di acido solforico o nitrico. I prodotti della combustione sono ossido di carbonio, azoto e vapori di mercurio. Ha la massima sensibilità allo stato secco; ma basta il .5% di acqua per circoscrivere la detonazione e il 10% per impedirla affatto; allora il fulminato si decompone. Soltanto se umido a contatto di metalli; questi spostano il mercurio dando luogo ad altri fulminati che sono molto meno sensibili. Negli inneschi lo si impiega in miscela con nitrati, dorati e solfuro di antimonio. 

Azotidrati.

Sono composti di estrema instabilità chimica fra l’azoto e i metalli. Hanno le stesse caratteristiche dei fulminati. Interessante per le applicazioni agli inneschi è l’azotidrato di piombo (N3)2Pb, che si ottiene per doppia decomposizione fra l'acetato di piombo e l’azotidrato di sodio; quest’ultimo preparato o per reazione del protossido di azoto sull’amiduro di sodio o neutralizzando con soda l’acido azotidrico, o decomponendo con la soda il derivato diazoico dell’amminoguanidina. Lazotidrato di sodio si prepara per reazione del protossido di azoto sull’amiduro di sodio in calce pura:

2NH2 Na + N30 = N3Na + NH3 ± Na OH

neutralizzando con soda l’acido azotidrico formato per azione dell'azotito di etile sull’idrazina:

NO2C2H5 + NH2—NH2 = N3H +C2 H5 0H + H20

decomponendo con la soda il derivato diazoico dell’amminogianidina: L'azotidrato di piombo è inalterabile all’umidità, ma è un po più sensibile all’urto del fulminato di mercurio ed ha una temperatura di infiammazione più elevata. E' di conveniente impiego negli inneschi, perchè costa meno e produce effetti equivalenti al fulminato, ma con carica minore.

 

  • data 2023