LE SENTENZE DI SETTEMBRE

I TRIBUNALI DANNO TORTO ALL'UNIONE NAZIONALE

  • 3 SETT. 2015

Pubblichiamo due sentenze importanti che coinvolgono l'UITS, entrambe emesse a poca distanza l'una dall'altra, la prima di agosto e la successiva del primo settembre di questo anno.
La prina sentenza condanna il ricorso dell'UITS per i fatti del rinvenimento di un'ogiva di proiettile all'interno di un appartamento sito a Via Morlupo per il quale il poligono di Roma è stato in parte chiuso al pubblico utilizzo, l'Unione facendo ricorso ha chiesto anche i danni al Ministero della Difesa che ha da prima collaudato e dato parere favorevole per l'agibilità delle linee di tiro e poi, dopo il fatto, ha ritenuto le stesse linee non agibili.
La sentenza da ragione all'UITS ma senza risarcimento dei danni.
Questa sentenza è stata anche segnalata perchè sancisce il solo potere all'Esercito e al suo Genio, la capacità e la possibilità di collaudare i poligoni di tiro.

La seconda sentenza di ricorso dell'UITS la quale aveva contestato la sentenza di primo grado che la condannava contro il Ministero dell'Economia per una serie di obblighi di versamento di somme in favore del Bilancio dello Stato a carico di altri Enti pubblici richieste anche all'Unione.

Sentenza N. 16400/2014 REG.RIC del 28-08-2015

N. 16400/2014 REG.RIC.
> REPUBBLICA ITALIANA
> IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
> Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
> ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 16400 del 2014, proposto da:
> Tiro a Segno Nazionale - Sezione di Roma, rappresentato e difeso dagli avv. Grazia Maria Mantelli, Giovanni Rovagna, con domicilio eletto presso Grazi a Maria Mantelli in Roma, viale Bruno Buozzi, 5;
> contro
> Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
> Ministero dell'Interno - Questura di Roma; per l'annullamento dei provvedimenti del 27 novembre 2014 con i quali il Comandante dell'Ispettorato delle Infrastrutture dell'Esercito - Comando Infrastrutture Centro ha dichiarato la non agibilità dello "stand da mt 25" relativamente al "1° Settore 1A categoria (n. 8 linee di tiro)", "2° Settore 1A categoria (n. 8 linee di tiro)" "3° Settore IA categoria (n. 8 linee di tiro)" "4° Settore 1A categoria (n. 8 linee di tiro)" e "5°Settore 7A categoria (n. 11 linee di tiro)";
> Visti il ricorso e i relativi allegati;
> Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
> Viste le memorie difensive;
> Visti tutti gli atti della causa;
> Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2015 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
> Con il ricorso in esame il Tiro a Segno Nazionale – Sezione di Roma impugna i provvedimenti del 27.11.2014 indicati in epigrafe con cui il Comandante dell'Ispettorato delle Infrastrutture dell'Esercito - Comando Infrastrutture Centro ha dichiarato la non agibilità dello "stand da mt 25" relativamente al "1° Settore 1A categoria (n. 8 linee di tiro)", "2° Settore 1A categoria (n. 8 linee di tiro)" "3° Settore IA categoria (n. 8 linee di tiro)" "4°Settore 1A categoria (n. 8 linee di tiro)" e "5°Settore 7A categoria (n. 11 linee di tiro)" del Poligono "Umberto Primo" di Roma.
> Il provvedimento impugnato è stato adottato dopo un sopralluogo tecnico disposto a seguito di una denuncia di reato scaturita dal rinvenimento di un'ogiva di proiettile all'interno di un appartamento sito a Via Morlupo 44, a circa 400/500 mt. di distanza dal poligono in parola che aveva indotto la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Roma a disporre in data 25.11.2014 un'ispezione per individuare le posizioni di tiro che Potessero "anche in ragione di eventuali triangolazioni" raggiungere il luogo in cui era stata rinvenuta l'ogiva e successivamente la Questura di Roma di segnalare, con nota del 27.11.2014, l'opportunità di disporre la cessazione immediata di ogni attività a fuoco negli stands di tiro in questione "non potendosi escludere che i proiettili possano provenire dalle aree di tiro considerate" e l'urgente intervento dell'Ispettorato delle Infrastrutture dell'Esercito per verificare l'agibilità e la sicurezza dell'impianto.
> Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: 1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 62 DPR 90/2010 –Incompetenza dell'Ispettorato delle Infrastrutture dell'Esercito; 2) Eccesso di potere per contraddittorietà, carenza di istruttoria e di motivazione, errore sui presupposti e travisamento dei fatti. L'Ente ricorrente chiede l'annullamento degli atti impugnati nonché il risarcimento dei danni subiti.
> Si è costituita in giudizio l'Amministrazione intimata con memoria scritta.
> Con ordinanza n. 1406 del 26.1.2015 sono stati disposti incombenti istruttori.
> Con ordinanza n. 1035 del 4.3.2015 è stata accolta l'istanza sospensiva.
> In vista dell'udienza per la trattazione del merito la parte ricorrente ha quantificato la richiesta di risarcimento del danno nella misura di €. 65.492,57; la resistente ha depositato articolata memoria difensiva alla quale la ricorrente ha replicato con puntuale memoria conclusionale.All'udienza pubblica del 7.7.2015 la causa è stata trattenuta in decisione. Con il primo motivo di ricorso l'Ente ricorrente lamenta l'incompetenza del Comandante dell'Ispettorato delle Infrastrutture dell'Esercito - Comando Infrastrutture Centro ad adottare a verificare l'agibilità degli impianti di tiro a segno a cielo aperto di Prima categoria – qual è quello in esame – dato che tale competenza è attribuita in via esclusiva all'Unione italiana tiro a segno (UITS) – essendo il Ministero della difesa coinvolto nella verifica di agibilità degli impianti di categoria Superiore. Secondo la parte ricorrente i provvedimenti impugnati sarebbero affetti da nullità assoluta ex art- 21 septies legge n. 241/90 per difetto assoluto di attribuzione.
> La censura è infondata.
> L'art. 20 del D.lvo 15/03/2010, n. 66, Codice dell'ordinamento militare, include, tra gli Enti sottoposti sotto la vigilanza del Ministero della difesa, in ragione dell'interesse dell'amministrazione agli scopi perseguiti dagli enti stessi il Tiro a Segno Nazionale, Al capo V il codice in parola detta la disciplina dei Campi di Tiro a Segno– come risulta dall'operazione di riordino delle fonti delle norme previgenti, in parte abrogate (l. 17 aprile 1930, n. 479; r.d. 21 novembre 1932, n. 2051, regolamento di esecuzione di l. n. 479/1930; l. 4 giugno 1934, n. 950; gli artt. 24 e 25 del r.d.l. 16 dicembre 1935, n. 2430; l. 24 luglio 1959, n. 701) ed in parte riprodotte con opportuni adeguamenti lessicali (r.d.l. 16 dicembre 1935, n. 2430, conv. in l. 4 giugno 1936, n. 1163, esclusi gli artt. 24 e 25; d.lgs.lgt. 8 luglio 1944, n. 286, l. 28 maggio 1981, n. 286) – salvaguardando le competenze del Ministero della difesa in materia di sicurezza delle strutture e distinguendole dalle competenze spettanti all'Unione italiana tiro a segno per quanto riguarda l'utilizzo e la gestione delle strutture medesime.
> Sono solo queste ultime competenze che hanno costituito oggetto di delegificazione, ai sensi dell'art. 2, co. 634 s., delle legge n. 244/2007, e che pertanto sono riportate nel Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare approvato con DPR 90/2010. Resta invece ferma la tradizionale competenza dell'amministrazione militare in merito agli aspetti progettuali e costruttivi dell'impianto sottopo sti all'approvazione del Ministero della difesa (art. 61 r.d. 21 novembre 1932, n. 2051 e r.d.l. 16 dicembre 1935, n. 2430).
> In tale prospettiva l'art. 250 del d.lvo n. 66/2010 al comma 2 dispone che "l'esecuzione tecnica dei lavori relativi all'impianto, sistemazione e manutenzione dei campi e impianti di tiro a segno di cui al comma 1 è affidata alla vigilanza del Ministero della difesa" ed al successivo comma 3 che "I campi di tiro a segno di cui al comma 1 sono dati in uso, a titolo gratuito, alle sezioni ditiro a segno, senza oneri a carico dello Stato".
> La normativa di rango regolamentare, concernente i soli profili di utilizzo e di gestione delle strutture che ospitano i campi di tiro a segno, riportata nel DPR 90/2010, riproduce le disposizioni del DPR 12.11.2009, n. 209 - "Regolamento di riordino dell'Unione italiana tiro a segno" in attuazione degli artt. 2, co. 634 e s legge 244/2007 e 26, d.lvo n. 112/2008 – confermando i compiti in ambito sportivo dell'Unione italiana tiro a segno all'art. 59 che così recita: "1. L'Unione italiana tiro a segno è Ente di diritto pubblico, avente finalità di istruzione ed esercizio al tiro con arma da fuoco individuale o con arma o strumento ad aria compressa e di ilascio della relativa certificazione per gli usi di legge, nonché di diffusione e pratica sportiva del tiro a segno.
>2. L'Unione italiana tiro a segno è sottoposta alla vigilanza del Ministero della difesa e realizza i fini istituzionali di istruzione, di addestramento e di certificazione per il tramite delle sezioni di tiro a segnonazionale di cui all' articolo 61 . Essa è altresì federazione sportiva nazionale di tiro a segno riconosciuta dal Comitato olimpico nazionale italiano, sotto la cui vigilanza è posta ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 , e successive modificazioni".
> Al successivo Art. 61 specifica i compiti demandanti alle Sezioni del tiro a segno nazionale "1. Le sezioni tiro a segno nazionale svolgono i compiti istituzionali stabiliti dal regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 , concernente approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773 , dalla legge 18 aprile 1975, n. 110 , dal codice, dalla presente sezione, dallo statuto, nonché, anche sulla base di direttive degli organi centrali, attività agonistiche o amatoriali in regime di affiliazione. In particolare: a) provvedono all'addestramento di quanti sono obbligati per legge a iscriversi a una sezione tiro a segno nazionale; b) curano lo svolgimento dello sport del tiro a segno e la preparazione tecnica degli iscritti, nonché l'organizzazione di manifestazioni sportive; c) svolgono attività promozionale e di divulgazione dello sport del tiro a segno, anche mediante attività ludiche propedeuti che all'uso delle armi".
> Di particolare rilievo nella decisione della controversia in esame risulta il comma 2 dell'art. 61 del DPR 90/2010 che prevede che "Le sezioni tiro a segno nazionale sono dotate di struttura organizzativa e di assetti operativi, amministrativi gestionali e di funzionamento autonomi, definiti in apposito statuto in base attributive della competenza all'autorità militare riprodotte dalle previsioni del d.lvo n. 66/2010 e del DPR 90/2010 soprarichiamate.
> Si passa pertanto ad esaminare il secondo motivo di ricorso con cui l'Ente ricorrente contesta il provvedimento adottato dalla competente autorità militare sotto il profilo dell'eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca ed estrinseca ed illogicità dei provvedimenti impugnati in quanto nelle premesse prima, nel penultimo considerando, riporta che è stata accertata la non rispondenza del poligono alle caratteristiche costruttive ed alle condizioni di sicurezza previste dalla Direttiva Tecnica D.T./P2 ed.2006, mentre nel secondo, subito dopo, riferisce che i controlli degli elementi strutturali e degli impianti non sono stati valutati a causa della mancanza di documentazione richiesta. Siccome la Commissione non avrebbe potuto, senza la predetta documentazione, esprimere il giudizio di non rispondenza alle normative tecniche, la dichiarazione di inagibilità sarebbe stata determinata da carenza di istruttoria con conseguente, errore sui presupposti e travisamento dei fatti, ed inficiata altresì da difetto di motivazione in quanto non specificherebbe le difformità riscontrate, giungendo a conclusioni diametralmente opposte, senza che nulla fosse mutato, rispetto al 2010, in cui la medesima Commissione di Verifica aveva rilasciato il certificato di agibilità per il medesimo impianto.
> I provvedimenti impugnati sono immuni dal lamentato difetto di motivazione, dato che essi sono adeguatamente motivati, per relationem, mediante il rinvio ai verbali del sopralluogo tecnico effettuato il 27.11.2014, espressamente richiamati nelle premesse motivazionali degli atti gravati, depositati dalla resistente in data 29.5.2015. Si tratta di materiale documentario che può essere utilizzato nella decisione del caso in esame, nonostante la tardività del deposito – di cui si terrà comunque conto ai fini delle spese di giudizio – dato che non si tratta di documentazione depositata a fini difensivi, bensì degli stessi atti del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato e quindi che costituiscono l'oggetto del giudizio;
> atti che l'Amministrazione avrebbe dovuto depositare e che, in mancanza, il Collegio avrebbe dovuto acquisire d'ufficio, con apposita ordinanza istruttoria. Contrariamente a quanto affermato dall'Ente ricorrente, il verbale del sopralluogo è stato redatto utilizzando il modello Allegato "C" all'appendice n. 1 della Direttiva Tecnica del 2006 di verbale per verificare la rispondenza del poligono ai requisiti ed alle condizioni di sicurezza previste allo scopo di rinnovare l'agibilità al tiro dell'impianto. Detti verbali riportano in maniera analitica le difformità riscontrate relativamente agli elementi costruttivi del poligono con specifico riferimento alla area osservatori; alla stazione di tiro; alla zona di tiro; all'area parapalle (mancanza di pavimento in gomma adatto a trattenere le pallottole che lo colpiscono accidentalmente, setti separatori dei box di tiro non conform i alle prescrizioni, mancanza pedane in legno o sabbia, elementi balistici della pensilina non certificati, diaframma non conforme, superficie esposta al tiro non rivestita da idonea gomma liscia, muro di chiusura di fondo del parapalle in muratura anziché in cemento armato, etc.).
> Ne consegue pertanto che, sotto il profilo formale, i provvedimenti impugnati sembrerebbero stati adottati a seguito di un'attenta istruttoria e assistiti da adeguata motivazione in quanto vengono analiticamente riportati tutti gli aspetti costruttivi in contrasto con le prescrizioni tecniche sopra riportate.Tuttavia, sotto il profilo sostanziale, va rilevato che effettivamente sussiste il contrasto, lamentato dall'Ente ricorrente, tra i provvedimenti impugnati ed i precedenti provvedimenti (allegati al ricorso) con cui in data 3.11.2010 lo stesso impianto è stato dichiarato agibile dal medesimo Comandante dell'Ispettorato delle Infrastrutture dell'Esercito - Comando Infrastrutture Centro fino al 2014 sulla base delle positive verifiche effettuate nel corso del sopralluogo del 28.9.2010, il cui verbale è espressamente richiamato nell'atto autorizzatorio, che dà espressamente atto dell'esito positivo dei controlli sulla documentazione e delle prove effettuate sugli elementi strutturali e gli impianti.
>Ne consegue che, se effettivamente l'impianto nel frattempo non ha subito alcun mutamento, come asserito dal ricorrente (e non smentito dalla resistente), e quindi si deve supporre che abbia mantenuto i requisiti prescritti dalla normativa in materia di poligoni di tiro, gli atti impugnati, con cui, in sede di verifica della persistenza delle condizioni di sicurezza necessarie per rinnovare la dichiarazione di agibilità dell'impianto, il Poligono è stato ritenuto non conforme alle prescrizioni tecniche, si pongono in stridente contrasto con quelli precedentemente adottati.
> La rilevata contraddittorietà estrinseca tra le precedenti dichiarazioni di agibilità e le successive dichiarazioni di non agibilità oggetto di impugnativa assume valenza sintomatica quanto meno di difetto di istruttoria, dato che, rimanendo (asseritamente) immutati i presupposti di fatto del provvedimento autorizzatorio necessario per l'accesso agli impianti ed il loro utilizzo, o la Commissione di verifica non ha attentamente considerato tutti gli elementi di valutazione in occasione del sopralluogo del 28.9.2010, finendo per giudicare erroneamente conforme alle prescrizioni tecniche un impianto che invece non lo era, oppure è incorsa nel medesimo errore di valutazione in sede di verifica del mantenimento dei medesimi requisiti quando ha effettuato il successivo sopralluogo del 27.11.2014; sicchè se ne deve concludere che nel corso dei primi oppure dei secondi accertamenti l'autorità competente è incorsa nel denunciato "errore sui presupposti e travisamento dei fatti", rilasciando, nel primo caso, un'autorizzazione in assenza delle condizioni prescritte ovvero ritirandola, nel secondo caso, in mancanza di elementi di novità e senza indicare – come avrebbe dovuto trattandosi di atto di ritiro – quelle modifiche successivamente apportate agli elementi strutturali ed agli impianti che non consentivano di ritenere conclusi con esito positivo i controlli necessari per il rinnovo dell'autorizzazione.
>Sicchè, sotto tale profilo, i provvedimenti impugnati risultano altresì carenti di motivazione in quanto dalle premesse degli stessi non è possibile evincere le ragioni per cui la struttura è stata ritenuta inagibile nel 2014 nonostante non avesse (asseritamente) subito modificazioni rispetto al momento in cui l'autorizzazione è stata rinnovata (novembre 2010) e le prescrizioni tecniche non fossero nel frattempo mutate.
> Ne consegue che il ricorso va accolto in quanto risulta fondato sotto gli assorbenti profili di censura sopraindicati; di conseguenza vanno annullati, per quanto di ragione, gli atti impugnati; fatti salvi, ovviamente, gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione resistente che, in esecuzione della presente sentenza, è tenuta - in quanto (unica) autorità competente in materia - alla riedizione dell'attività di accertamento dei presupposti per il rilascio dell'agibilità agli impianti in questione al fine di sanare il difetto di istruttoria e di motivazione sopraindicati, provvedendo a rilasciare l'atto autorizzatorio ove all'esito del sopralluogo l'impianto risulti pienamente conforme alle prescrizioni tecniche. Ne consegue che la domanda di risarcimento del danno non può allo stato essere esaminata non essendo ancora stata accertata la "fondatezza della pretesa" della parte ricorrente e cioè l'effettiva esistenza di tutti i requisiti previsti il rinnovo dell'agibilità degli impianti in questione (la parte ricorrente, infatti, si è limitata a denunciare la contraddittorietà intrinseca dei provvedimenti autorizzatori e di ritiro in questione senza fornire nemmeno un principio di prova della rispondenza degli impianti a tutte le prescrizioni contenute nella Direttiva Tecnica del 2006, sicchè non è ancora possibile stabilire se l'attività di tiro possa o meno essere esercitata nel rispetto delle condizioni di sicurezza da questa imposte).
> Le spese di giudizio sono interamente poste a carico della parte soccombente e liquidate tenendo conto del ritardo nel deposito degli atti del procedimento, che ha influito sulla durata del processo comportando anche un effetto defatigatorio dell'Ente ricorrente.
> P.Q.M.
> Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla, per quanto di ragione, gli atti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione resistente; dichiara inammissibile, allo stato, l'istanza risarcitoria.
> Condanna la resistente alla refusione delle spese di giudizio a favore dell'Ente ricorrente nella misura di complessive Euro 2.000,00.
>Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
> Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
> Silvio Ignazio Silvestri, Presidente Salvatore Mezzacapo, Consigliere Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore
>L'ESTENSORE
> IL PRESIDENTE
> DEPOSITATA IN SEGRETERIA
> Il 28/08/2015
> IL SEGRETARIO
> (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
>

INSERIAMO QUESTA FOTO PER METTERE IN GUARDIA TUTTI I PRESIDENTI DEI POLIGONI ITALIANI, PUBBLICI O PRIVATI, PERCHE' PRESTINO SEMPRE ATTENZIONE ALLA MASSIMA SICUREZZA DEI LORO IMPIANTI, DA NOTARE NELLA FOTO LA DISTANZA DEL POLIGONO DALLE VIE CITTADINE DOVE PERO' SEMBRA SI SIA RITROVATO UN PROIETTILE, CIO' DEVE METTERE IN GURARDIA TUTTI IN MODO CHE NESSUNO POSSA UN GIORNO DIRE: "MA IO NON LO SAPEVO".

Sentenza N. 04094/2015REG.PROV.COLL. del 01-09-2015

N. 04094/2015REG.PROV.COLL.
N. 08607/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8607 del 2013, proposto da:
> Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
contro
Unione Italiana Tiro a Segno, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Lubrano, con domicilio eletto presso Enrico Lubrano in Roma, Via Flaminia, 79;
per la riforma della sentenza del T.A.R. del LAZIO – Sede di Roma - Sezione III n. 08340/2013, resa tra le parti, concernente individuazione destinatari degli obblighi di versamento di somme in favore del bilancio dello Stato

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Unione Italiana Tiro a Segno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’ Avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni e l’ Avvocato Enrico Lubrano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma – ha accolto il ricorso di primo grado, corredato da motivi aggiunti proposto dalla odierna appellata Unione Italiana Tiro a Segno (U.I.T.S.) volto ad ottenere l’annullamento (quanto al ricorso introduttivo) della Circolare del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato 23 ottobre 2012, n. 31 nella parte in cui la stessa - mediante un'erronea interpretazione dell'art. 8, co. 3 del Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 135 - aveva esteso l'ambito di applicazione dello stesso (che prevedeva una serie di obblighi di versamento di somme in favore del Bilancio dello Stato a carico di altri Enti pubblici) dalle sole Amministrazioni dello Stato inserite dall’ISTAT nel c.d. “elenco-ISTAT” (tra le quali non rientrava l’UITS, esclusa da tale elenco a seguito di sentenza del TAR Lazio n. 6212/2011) a tutte le Amministrazioni dello Stato individuate dall'art. 1, comma 2, del D.Lgs n. 165/2001, tramite un richiamo alla legge n. 196/2009 (tra le quali rientrava, invece, l’UITS), con la conseguenza di assoggettare l’UITS al versamento dei richiamati obblighi contributivi (per versamenti complessivi annuali, nel caso dell’UITS, pari a circa 300.000,00 euro annui)e di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale ad esso comunque connesso.
Con il mezzo per motivi aggiunti, invece, era stato chiesto l’annullamento della Circolare del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato 5 febbraio 2013, n. 2 nella parte in cui la stessa – così come la Circolare dello stesso Ministero n. 31/2012, oggetto di impugnazione con il ricorso introduttivo del presente giudizio - intendesse ribadire la applicazione dell’art. 8, comma 3, del D.L. n. 95/2012, relativo ai soli c.d. “consumi intermedi”, a tutte le Amministrazioni pubbliche (ivi compresa l’UITS), anziché alle sole Amministrazioni inserite nel c.d. “elenco-ISTAT”, con la conseguenza di assoggettare l’UITS al versamento dei richiamati obblighi contributivi (per versamenti complessivi annuali, nel caso dell’UITS, pari a circa 300.000,00 euro annui) nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale ad esso comunque connesso.
L’odierna appellata aveva rammentato, in punto di fatto, di essere stata inserita nel 2010, ai sensi dell’art. 1, comma 2, l.n. 196/09, nell’elenco compilato dall’ISTAT annualmente sulla base delle regole classificatorie del Sistema Europeo dei Conti (SEC 95) e che il Tar del Lazio, con la sentenza n. 6212/2011, aveva accolto il relativo ricorso avverso tale inserimento con conseguente esclusione dal suddetto elenco e mancato nuovo inserimento per gli anni successivi.
Entrato in vigore l’art. 8, comma 3, d.l. n. 95/12, conv. in l.n. 135/12, che prevedeva ulteriori obblighi contributivi a carico degli enti e organismi inseriti nell’“elenco-ISTAT” ai sensi dell’art. 1, comma 2, l.n. 196/09, era stata adottata dal M.E.F. la Circolare gravata con il mezzo introduttivo: quest’ultima, fornendo alcune indicazioni in ordine all’ambito applicativo del suddetto art. 8, individuava come destinatari degli obblighi contributivi specifici non soltanto le suddette Amministrazioni inserite nell’elenco in questione (tra cui, in virtù della disposta esclusione e del mancato reinserimento, non era contemplata la originaria ricorrente) ma anche tutte le Amministrazioni indicate dall’art. 1, comma 2, l. n. 196/09, tra cui era ricompresa invece la originaria ricorrente medesima.
Essa era insorta, lamentando che la detta circolare faceva riferimento, a sostegno della sua interpretazione sull’applicabilità dell’art. 8, comma 3, d.l. n. 95/12 cit., alla mutata formulazione dell’art. 1, comma 2, l.n. 196/09 intervenuta in virtù dell’entrata in vigore dell’art. 5, comma 7, d.l. n. 16/2012 (che aveva incluso nel novero delle amministrazioni pubbliche, oltre agli enti e soggetti indicati a fini statistici nell’elenco-ISTAT e alle Autorità Amministrative Indipendenti, anche “le Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”).
Senonchè, e l’interpretazione letterale dell’art. 8 cit. richiamava i soli enti inseriti nel conto economico consolidato della P.A. come individuati dall’ISTAT ai sensi della l.n. 196/09: erano pertanto irrilevanti a tale scopo di ulteriore applicazione le norme in base alle quali l’ISTAT predispone tale elenco annualmente.
Inoltre, -era stato osservato nel mezzo di primo grado, se il legislatore avesse voluto comprendere anche tutte le Amministrazioni individuate ex d.lgs. n. 165/01 non avrebbe avuto necessità di inserire la locuzione “inseriti nel conto consolidato della P.A. come individuati dall’ISTAT” (ciò anche nel rispetto di un criterio teleologico, visto l’esplicito riferimento alle Autorità Amministrative Indipendenti che lo stesso legislatore aveva ritenuto di inserire e che non sarebbe stato necessario se l’orientamento fosse stato quello di comprendere “sic et simpliciter” tutte le Amministrazioni Pubbliche).
Una opposta interpretazione, ad avviso di parte appellata, avrebbe inverato un intervento del legislatore idoneo a vanificare gli effetti di una pronuncia giurisdizionale (quale la su richiamata sentenza del TAR n. 6212/11).
Con i motivi aggiunti l’odierna appellata aveva reiterato detti argomenti critici.
Dette plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere, sono state analiticamente vagliate dal Tar, ed accolte alla stregua dell’iter motivo che di seguito si riporta.
Il primo giudice ha dapprima richiamato il quadro normativo di riferimento.
Indi, ha esternato il convincimento per cui l’art. 8, comma 3, d.l. n. 95/12 dovesse essere interpretato nel senso principalmente letterale laddove la medesima indicava che i trasferimenti ivi considerati riguardavano gli “organismi inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, oltre alle autorità indipendenti tra cui la Consob.
La locuzione in questione doveva essere considerata unitariamente: solo gli organismi individuati dall’ISTAT risultavano coinvolti e il riferimento all’art. 1, comma 2, l. cit. doveva essere individuato a tal fine (id est: al fine dell’operato dell’ISTAT).
Ad avviso del Tar non tutti gli organismi individuabili ex art 1, comma 2, cit. potevano rientrare nel richiamato art. 8, comma 3, ma solo senza possibilità di interpretazione estensiva, quelli ivi previsti ed elencati quali: organismi individuati dall’ISTAT ex art. 1, comma 2, cit., e autorità indipendenti.
La locuzione “come” doveva essere intesa con significato esaustivo e non esemplificativo - potendo altrimenti più logicamente il legislatore usare l’espressione “ivi compresi quelli” individuati dall’ISTAT - ;la locuzione “ai sensi”, essendo immediatamente successiva al richiamo all’attività dell’ISTAT, doveva essere logicamente interpretata in relazione a tale specifica attività (che, allo stato, non prevedeva l’inserimento della originaria ricorrente, giusta sentenza del Tar n. 6212/2011 che, seppur gravata in appello, non era stata sospesa nella sua provvisoria esecutività)
Il richiamo all’art 1, comma 2, l. n. 196/09 da parte dell’art. 8, comma 3, d.l. n. 95/12, non doveva essere inteso nel senso che tutte le amministrazioni ivi considerate ex art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/01 (lì ai soli fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica di cui all’“incipit” del suddetto comma 2) dovessero essere sottomesse alle specifiche norme di contenimento della spesa pubblica come introdotte, ma solo quella ritenute tali dall’ISTAT, ai sensi del richiamato art. 1, comma 2, l. n. 196/09, con l’inserimento nel ricordato elenco.
Altrimenti lo stesso legislatore – secondo l’interpretazione teleologica patrocinata dalla originaria ricorrente – avrebbe potuto utilizzare un’espressione idonea a evidenziare che erano sottoposte a tali misure di contenimento tutte le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. cit., senza necessità di richiamo all’attività dell’ISTAT.
Sotto tale assorbente profilo, il mezzo è stato accolto, e l’annullamento è stato “esteso” alla successiva Circolare n. 2/2013 parimenti gravata con motivi aggiunti, la quale, pur integrando disposizione contenente indicazioni per l’esercizio finanziario 2013 e confermando il disposto della precedente Circolare n. 31/2012, non apportava alcuna innovazione in materia.
Il Tar ha quindi annullato le gravate circolari impugnate nella parte in cui avevano esteso l’ambito di applicazione dell’art. 8, comma 3, d.l. n. 95/12 come convertito in l.n. 135/12 alle Amministrazioni come la odierna appellata.
Avverso la detta decisione l’amministrazione odierna appellante, già resistente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione.
Ha ripercorso il contenzioso intercorso ed ha fatto presente che, da un canto, la sentenza del TAR Lazio n. 6212/2011 (che aveva escluso l’UITS dall’elenco -ISTAT) era stata oggetto di appello (tuttora pendente) destinato ad essere accolto, con la conseguenza che l’U.I.T.S. sarebbe stata comunque tenuta a versare i contributi in questione (perché, in tale ipotesi, reinserita nell’elenco-ISTAT).
In ogni caso, la normativa in questione art. 8, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135) dovrebbe intendersi come estensiva degli obblighi contributivi a soggetti diversi da quelli inseriti nel c.d. elenco-ISTAT, stante il richiamo all’art. 1, comma 2, della legge n. 196/2009 contenuto nell’art. 8, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135).
Parte appellata ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione del mezzo, riproponendo la articolata esposizione sottesa al mezzo di primo grado ed accolta dal Tar.
Con successivi scritti difensivi ha ribadito e puntualizzato le proprie difese.
All’adunanza camerale del 17 dicembre 2013 fissata per la delibazione dell’incidente cautelare la Sezione, con la ordinanza n. 05068/2013 ha sospeso la provvisoria esecutività della gravata decisione alla stregua della considerazione per cui “rilevato che, da un canto, sotto il profilo del periculum in mora è certamente prevalente la posizione – e l’interesse- dell’Amministrazione; rilevato altresì che, quanto al profilo del fumus boni iuris, seppur nella sommarietà della delibazione cautelare l’appello appare assistito da consistenti elementi di fondatezza, tenuto conto del tenore del D.L. 2-3-2012 n. 16, art. 5 comma 7 che stabilisce espressamente (modificando nell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, il comma 2) che sono ricomprese nel novero delle Amministrazioni cui sono applicabili le disposizioni in materia di finanza pubblica, “comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.».
Alla odierna pubblica udienza del 16 giugno 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.L’appello è nel merito fondato e merita accoglimento, nei sensi di cui alla motivazione che segue.
1.1.Il primo versante critico prospettato dalla difesa erariale non merita certamente condivisione (come, del resto rilevato e fatto presente dalla difesa di parte appellata).
Invero, la circostanza che la sentenza del TAR Lazio n. 6212/2011 (che aveva escluso l’UITS dall’elenco -ISTAT) sia stata oggetto di appello proposto dalla difesa erariale ed il (soggettivo) convincimento che detto appello (rubricato al n. 9074/2011 e tuttora pendente) meriti di essere accolto, non incide assolutamente sulla presente vicenda processuale: la sentenza suddetta è provvisoriamente esecutiva, in quanto non è stata richiesta la sospensione della sua esecutività, e pertanto nessuna conseguenza può trarsi dalla circostanza che essa sia stata impugnata e, a fortiori, non possono trovare ingresso nella presente causa ipotetiche valutazioni in punto di fondatezza del gravame.
Tale porzione dell’appello va quindi recisamente disattesa.
2.Come già fatto presente in sede cautelare, però, il mezzo merita di essere accolto sotto altro – assorbente - angolo prospettico.
2.1.Invero, l’art. 8 del d .L. 6-7-2012 n. 95 conv. in l. n. 135/12 prevede, al comma 3, quanto di seguito: “Ferme restando le misure di contenimento della spesa già previste dalle vigenti disposizioni, al fine di assicurare la riduzione delle spese per consumi intermedi, i trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (106), nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) con esclusione delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, degli enti del servizio sanitario nazionale, e delle università e degli enti di ricerca di cui all'allegato n. 3, sono ridotti in misura pari al 5 per cento nell'anno 2012 e al 10 per cento (107) a decorrere dall'anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010. Nel caso in cui per effetto delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile, per gli enti interessati si applica la disposizione di cui ai periodi successivi. Gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate nel periodo precedente; le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno. Per l'anno 2012 il versamento avviene entro il 30 settembre. Il presente comma non si applica agli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali”.
Ad avviso di parte appellata (fatto proprio dal Tar con la decisione gravata nell’ambito del presente processo) l’avvenuto inserimento nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, degli enti come individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) costituiva condizione indispensabile per la individuazione degli Enti destinatari della norma: ciò in quanto, l’espressa dizione della stessa, e l’esplicito richiamo, ivi pure contenuto alle Autorità indipendenti (“nonché alle autorità indipendenti”) sarebbe stato illogico, laddove appunto non si fosse voluto attribuire portata nodale al detto inserimento nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione.
Detto articolato di cui al comma 3 dell’art. 8 del d. L. 6-7-2012 n. 95, in sintesi, sarebbe apparso inspiegabile, nella sua formulazione, a meno che non lo si fosse correttamente voluto ritenere “indipendente”, e “restrittivo” rispetto alla originaria formulazione dell’art. 1, comma 2, l. n. 196/09 (che senso avrebbe avuto, altrimenti, richiamare espressamente le Autorità indipendenti ?).
Ove il Legislatore vi avesse voluto ricomprendere anche tutte le Amministrazioni individuate ex d.lgs. n. 165/01 non avrebbe avuto necessità di inserire la locuzione “inseriti nel conto consolidato della P.A. come individuati dall’ISTAT”.
2.1.1. Da tale tesi conseguiva che la sopravvenuta modifica incidente sull’art. 1, comma 2, l. n. 196/09 ad opera dell’art. 5, comma 7, d.l. n. 16/2012, che aveva incluso nel novero delle amministrazioni pubbliche, oltre agli enti e soggetti indicati a fini statistici nell’elenco-ISTAT e alle Autorità Amministrative Indipendenti, anche “le Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165- non poteva implicare conseguenze “estensive” sul più volte menzionato disposto di cui al comma 3 dell’art. 8 del d.L. 6-7-2012 n. 95.
2.2.Il Collegio – sia pure consapevole che la interpretazione ed il coordinamento dei quasi coevi testi di legge presupposti non sia particolarmente agevole - non concorda con la tesi ricorsuale di primo grado fatta propria dal Tar.
2.2.1.Invero va rammentato che con disposizione (art. 5, comma 7, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44) temporalmente di poco antecedente al menzionato disposto di cui al comma 3 dell’art. 8 del d .L. 6-7-2012 n. 95, il Legislatore aveva novellato l’art. 1 comma 2 della legge 31-12-2009 n. 196.
Il testo di tale secondo comma, era quindi il seguente: “Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea, le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. ”.
2.2.2. Sulla portata generale di tale disposizione, pare al Collegio non possa dubitarsi: esso contiene, alla fine, una norma di chiusura, per cui ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011….. comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.”.
Premesso che neppure l’appellata contesta che essa vada ricompresa nel novero delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.” ritiene il Collegio vada evidenziato un dato, di portata dirimente.
La norma in ultimo citata, integra disposizione generale, che riempie di contenuto (ai fini della individuazione degli Enti ad esse soggette) tutte le “disposizioni in materia di finanza pubblica”, fossero le stesse antevigenti, che successive.
2.2.3.Il detto novellato comma 2 dell’art. 1 della della legge 31-12-2009 n. 196, “serviva” quindi, ad individuare quali fossero le Amministrazioni Pubbliche, soggette alle “disposizioni in materia di finanza pubblica”.
2.2.4. Posto che l’art. 8 del d L. 6-7-2012 n. 95 integrava certamente (neppure questo profilo è contestato) una “disposizione in materia di finanza pubblica”, il quesito sul quale occorre concentrarsi è il seguente.
Premesso che l’art. 8 del d.L. 6-7-2012 n. 95 integra “disposizione in materia di finanza pubblica”, ed è temporalmente successivo al disposto del comma 2 dell’art. 1 della legge 31-12-2009 n. 196, può dirsi che lo stesso abbia voluto derogare alla citata previsione generale?
Più specificatamente: vi sarebbe una ratio logica che giustificava tale deroga e/o vi è una clausola perimetrante inequivoca, che possa indurre a ritenere che il Legislatore dell’ art. 8 del d.L. 6-7-2012 n. 95 volesse restringere il campo applicativo del novellato comma 2 dell’art. 1 della legge 31-12-2009 n. 196 (di pochi mesi antecedente)?
Soltanto riscontrato positivamente un simile elemento, potrebbe ricorrersi al criterio secondo il quale lex posterior derogat priori ed obliarsi la portata della indicazione generale ed omnicomprensiva contenuta comma 2 dell’art. 1 della legge 31-12-2009 n. 196 (“Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica”)
Senonchè, di un simile elemento non v’è traccia alcuna: tutte le disposizioni suddette concorrevano alla riduzione della spesa (rectius: all’ampliamento della platea dei soggetti tenuti alla contribuzione nei confronti dello Stato) né la invocata norma di cui all’ art. 8 del d .L. 6-7-2012 n. 95 è latrice di alcuna specificità.
L’annullamento delle circolari, quindi, si fonda su una lettura di un inciso ivi contenuto (la locuzione “come” deve essere intesa con significato esaustivo e non esemplificativo) e su un dato “logico” non decisivo (“ben potendo altrimenti lo stesso legislatore – secondo l’interpretazione teleologica pure evidenziata dalla ricorrente – utilizzare un’espressione idonea a evidenziare che erano sottoposte a tali misure di contenimento tutte le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. cit., senza necessità di richiamo all’attività dell’ISTAT”) ma collide con una serena interpretazione letterale, ed anche -e soprattutto- sistematica.
3.Elementi di conforto alla tesi patrocinata dal Collegio, poi, si rinvengono nella condivisibile decisione della Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato recante n. 06014/2012.
Ivi, in particolare, essendosi accolti gli appelli proposti dall’ Istituto nazionale di statistica (Istat) e i Ministeri del lavoro e dell’Economia avverso alcune sentenze, con le quali il Tar del Lazio aveva accolto in parte ricorsi proposti dalle associazioni e dagli enti previdenziali, nonché dalla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas avverso l’inserimento nel conto consolidato elaborato dall’Istat ai sensi dell’art. 1 comma 5 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell’art. 1 comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è stata accolta una nozione ampia –e logica- di amministrazione pubblica, soggetta “agli oneri di contenimento della spesa” che rafforza l’esattezza dell’approdo ermeneutico accoglitivo dell’appello.
4.Conclusivamente, il Collegio è persuaso della correttezza della tesi patrocinata nell’ appello, e ritiene non persuasive le deduzioni di parte appellata in ultimo vibratamente esposte nel corso della discussione pubblica: questa richiama a sostegno della tesi del Tar una pluralità di elementi ma, in verità, finisce per incentrare la propria disamina unicamente sul criterio ermeneutico letterale/testuale di cui al più volte richiamato comma 3 dell’art. 8 (prova ne sia, che quanto si richiama ad un supposto criterio logico-sistematico, in realtà reitera argomenti fondati sul dato letterale) .
4.1. Una ultima eccezione, proposta dall’appellata, resta da scrutinare: ivi si sostiene che l’eventuale accoglimento della critica appellatoria avrebbe condotto ad affermare che la sopravvenienza normativa incidente sul comma 2 dell’art. 1 della legge 31-12-2009 n. 196, avesse inciso sul contenzioso pendente, avviato non soltanto da parte appellata, ma anche da altri Enti, che avevano (vittoriosamente in primo grado) contestato il loro inserimento nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come da individuazione dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Ne conseguirebbe che l’unica interpretazione costituzionalmente orientata possibile, sarebbe stata quella fatta propria dal Tar, chè altrimenti ci si troverebbe al cospetto di una legge specificamente adottata per intervenire su un contenzioso pendente (ed è nota l’avversione della Consulta per le –pur ammesse nel sistema- c.d. “leggi-provvedimento” laddove finalizzate unicamente ad alterare i termini di un contenzioso pendente: si vedano sul punto le sentenze della Corte Costituzionale nn. 154/2013, 20/2012, 270/2010, 429/2009, 137/2009, 94/2009, 241/2008, 267/2007, 2/1997, 85/2013, 143/1989, 346/1991, 429/1995).
4.2.L’obiezione è non favorevolmente scrutinabile: la causa proposta (vittoriosamente) in primo grado da parte appellata verteva sul proprio inserimento nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione: essa non è minimamente intaccata dalla norma generale di cui al comma 2 dell’art. 1 della legge 31-12-2009 n. 196.
L’Amministrazione centrale è - e resta – libera di individuare le amministrazioni pubbliche soggette agli oneri di contenimento della spesa, e semmai, ciò lascia integro il potere dei destinatari di contestare tale individuazione, ove non ne ritengano sussistenti gli indici per la loro inclusione. Senza avventurarsi in disquisizioni che postulerebbero la piena conoscenza degli argomenti di cui alla causa pendente, definita dal Tar con la sentenza n. 06212/2011 (conoscenza insussistente, visto che gli atti di quel procedimento non sono stati versati nell’odierna causa) parimenti integro resta il diritto di parte appellata –ove definitivamente vittoriosa in detta sede - di contestare pretese che discendessero dal proprio, contestato, pregresso inserimento nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione: ma ciò non potrebbe risolversi nella permanente inibizione per l’Amministrazione centrale finanziaria di individuare le amministrazioni tenute agli oneri di contenimento della spesa, prescindendo dall’inserimento –o meno- in detto conto, e ricorrendo ad altri indici.
In sintesi: la contestata prescrizione di legge ha portata generale; incide soltanto indirettamente sul contenzioso pregresso; non integra disposizione specificamente tesa ad interferire su processi pendenti; nulla osta alla interpretazione della stessa che ha fornito il Collegio.
5.Anche tale doglianza, conclusivamente, va disattesa, il che implica l’accoglimento dell’appello e, in riforma della gravata decisione, la reiezione del mezzo di primo grado.
5.1. In ultimo, deve darsi conto di una circostanza: con una recente ordinanza la Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato (n. 2475 del 15 maggio 2015) ha rimesso alla Corte di giustizia U.E. la questione relativa al dubbio se i principi di imparzialità ed indipendenza anche sotto il profilo finanziario ed organizzativo che devono essere riconosciuti alle Autorità nazionali di regolamentazione di cui all’art. 13 della direttiva 2002/21/CE, nonché il principio di sostanziale autofinanziamento di cui all’art. 12 della direttiva 2002/20/CE ostino a una normativa nazionale (segnatamente la L. 30 dicembre 2004 n. 311) la quale assoggetta anche tali Autorità in via generale alle disposizioni in materia di finanza pubblica e, in particolare, a specifiche disposizioni in tema di contenimento e razionalizzazione delle spese delle amministrazioni pubbliche.
Nella detta ordinanza si fa riferimento alla legge 30 dicembre 2004, n. 311 (‘Legge finanziaria 2005’, in GURI 31 dicembre 2004, n. 306) che fissa un particolare limite all’incremento delle spese da parte delle pubbliche amministrazioni (ivi compresa, ai fini di interesse in quel processo, l’AGCOM).
In particolare, laddove all’articolo 1, comma 5 della legge si stabilisce che “al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005 - 2007 la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l'anno 2005 nell'elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica”.
E’ evidente, ad avviso del Collegio, che detta ordinanza (ed i dubbi ivi sollevati) non spiegano alcuna interferenza nel presente processo: la questione è sollevata in riferimento alla peculiare posizione nel sistema giuridico italiano (ed Europeo) delle Autorità Amministrative Indipendenti preposte alla regolazione di determinati settori: tale non è, certamente, l’odierna appellata Unione Italiana Tiro a Segno (U.I.T.S.) per cui nessun dubbio in tal senso rileva nel presente procedimento.
6.Conclusivamente, l’appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, deve essere respinto il mezzo di primo grado, con salvezza degli atti impugnati.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
7.La complessità delle questioni prospettate rende doverosa la integrale compensazione tra tutte le parti delle spese del doppio grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma della gravata decisione, respinge il mezzo di primo grado, con salvezza degli atti impugnati.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere

> L'ESTENSORE

> IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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