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LE ARMI
E
L'OPINIONE PUBBLICA
(COME E' FALSATA L'IDEA)

 

Dopo il nostro articolo apparso su Diana Armi di maggio siamo tornati sull'argomento riguardante l'opinione pubblica e come l'idea comune che siano le armi a provocare le morti sia falsata dall'enfasi che viene data alle notizie in merito. Una ricerca del Dott. Carlo Alfredo Clerici dell' Università degli Studi di Milano, ( Cattedra di Criminologia, Facoltà di Medicina) inizia con queste frasi molto chiare: " Gravi episodi di violenza compiuti da soggetti in possesso di regolari autorizzazioni per la detenzione o il porto d’armi da fuoco ripropongono periodicamente all’attenzione dell’opinione pubblica il problema dell’efficacia delle procedure e dei criteri di valutazione dell’idoneità al rilascio di tali permessi. Il tema delle armi si accompagna in genere ad una grande risonanza emotiva nell’opinione pubblica, risonanza che mette in luce gli evidenti limiti di un’obiettiva conoscenza della dimensione, delle cause e delle dinamiche di eventi violenti compiuti con armi legali. Di riflesso l’evento violento è associato all’uso di armi con l’effetto di spostare sulle stesse una responsabilità non dovuta. Una cosa è il comportamento umano; una cosa sono gli strumenti che entrano in gioco nel comportamento. " In Italia, l'Istat dice che, tra il 2000 e il 2010, le aggressioni ogni 100.000 abitanti sono scese da 0,8 a 0,6; gli scippi da 0,6 a 0,5; le rapine sono rimaste a 0,3. Ciò nonostante, coloro che si sentono sempre meno sicuri sono passati dal 75,7% al 81,28%.

Eppure sembra accertato che i fatti criminosi che avvenivano 15 o 20 anni or sono e quelli di oggi si possano ritenere di peso identico sulla società ma a differenza di allora oggi questo peso appare maggiore di moltissimi punti. Il perchè è semplice ed è da individuare nella facilità con cui le notizie anche più lontane, anche più nascoste nei luoghi remoti e inarrivabili che un tempo non venivano rese pubbliche e quindi di cui nulla si è mai saputo, oggi sono alla ribalta delle cronache di tutti i giorni e spesso tengono impegnate le prime pagine dei giornali per giorni.

La crisi ha aggiunto un fattore allarmante in più, quello dei suicidi. Dal 1900 al 2004 il numero dei suicidi con armi a fuoco è sempre stato stabile senza sensibili variazioni ma secondo una ricerca sempre dell'Università di Milano si ha un aumento di suicidi nelle Forze Armate nell'ultima parte degli anni in esame, riportata come segue:

  • Guardie particolari giurate: 11,7 suicidi nel periodo 1996 - 2006
  • Carabinieri: 77 suicidi riportati da fonti di stampa nel periodo 1996-2006 (incidenza 6,8 /100.000)
  • Polizia: 45 suicidi riportati da fonti di stampa nel periodo 1996-2006 (incidenza 4,09 /100.000)
  • Guardie di Finanza: 74 suicidi nel periodo 1996 – 2006 (Report Comando GDF, 2006)

I dati però possono essere falsati dall'impossibilità di definire con esattezza e conoscere l'esatta causa di morte, cosi un suicidio può essere considerato un incidente e un omicidio passare per un suicidio. Nell'impossibilità di conoscere la reale situazione Italiana, di sapere con esattezza quante armi sono in mano alle famiglie e quanti sportivi utilizzano effettivamente un porto d'armi, il Ministero da tempo punta a impegnare il comparto medico nel controllo dei possessori di armi. La Legge impone già il certificato medico anche ai soli possessori di armi ogni 6 anni come per chi ha un regolare porto d'armi ma l'intensificarsi dei controlli porterebbe a un beneficio ?
E' opinione dei medici che: "La tendenza a considerare l’omicidio o il suicidio con armi da fuoco come sintomo di psicopatologia appare riduttiva ed è opportuno sottolineare l’esigenza di non restringere la lettura di questi fenomeni entro parametri esclusivamente medici o psichiatrici. " Proseguono i ricercatori dell'Università: "Una valutazione dell'idoneità psichica al maneggio di armi dovrebbe richiedere una “procedura amministrativa” che comprenda l’esame di molteplici aspetti (la cui valutazione è solo in parte legata a fattori clinici). " Idea condivisa anche da noi, infatti è sicuramente più importante un approccio alle armi diverso da quello che spesso si finisce per avere in alcune attività sportive di tiro. Un istruttore capace conta sicuramente più di cento visite mediche, un controllo sul campo è sicuramente più sicuro e aggiornato di una visita medica fatta ogni sei anni.

Riprendiamo dallo studio dell'Università di Milano: "Il Ministro degli Interni Giuliano Amato all’indomani dei tragici fatti di Guidonia ha annunciato un disegno di legge di revisione della normativa in materia di porto e detenzione di armi che è stato approvato nel Consiglio dei Ministri del 23 novembre 2007. Nella proposta in particolare è previsto un potenziamento dei controlli in materia di acquisto, denuncia, detenzione e custodia, introducendo l’istituto del nulla osta all’acquisto e alla detenzione delle armi in aggiunta alla già esistente licenza di porto d’armi. In particolare l’ art. 5 del Disegno di legge recita: “ Con decreto del Ministro della salute di concerto con i Ministri dell’Interno , della Giustizia e della Difesa sono determinate le certificazioni sanitarie e le verifiche diagnostiche e tecniche occorrenti per l’accertamento dell’idoneità psicofisica al porto e alla detenzione delle armi, nonché le certificazioni occorrenti per confermarne la permanenza e la relativa periodicità. Gli organi sanitari pubblici abilitati al rilascio delle certificazioni sono costituiti da almeno tre membri, di cui uno psichiatra. Ai componenti delle predette Commissioni non spetta alcun compenso”.
E’ auspicabile in caso di riforma della normativa che sia attuato un modello di valutazione che tenga conto dei limiti delle risorse esistenti e che renda più efficace quanto già attuato.
E’ evidente quindi la necessità di sviluppare una ricerca sul fenomeno che possa attingere a dati quali il numero di armi esistenti in Italia negli anni che fino ad ora non sono stati disponibili. Rispetto alle questioni della valutazione clinica pare da considerare che l’introduzione della procedura di ricorrere ad un collegio di tre valutatori (che non hanno una conoscenza diretta del paziente) non sia fondata su un’efficacia dimostrabile. Se ne intuisce invece il potenziale aggravio di spese sia per i cittadini sia per le strutture sanitarie psichiatriche pubbliche che attualmente a fatica riescono a fronteggiare alcuni bisogni di cura, fra i quali l’erogazione di prestazioni di psicoterapia.
"

A questo punto è doveroso da parte nostra invitare tutti gli Istruttori di tiro Italiani a fare un passo in dietro e prendere coscienza di quanto essi pesino sulla maturazione di un tiratore e come questo inneschi una catena per cui da un cattivo tiratore potrebbero formarsi gruppi di cattivi tiratori.

Esistono già chiare linee guida che sono state messe al vaglio del Ministero tra cui:
- la valutazione del medico di famiglia, che meglio conosce il paziente, non si limiti ad una certificazione anamnestica ma si basi anche su un colloquio clinico da svolgere nella stessa visita.
- che ogni medico abbia possibilità di conoscere se un suo paziente detenga armi e che abbia la possibilità di riferire informalmente in presenza di sospetti per turbe psichiche o comportamentali.
- che sia previsto il ricorso ad una valutazione psichiatrica da parte di una struttura pubblica nei casi dubbi o con evidenti pregresse condizioni psicopatologiche.
- che gli istruttori o chi è figura di spicco verso i tiratori sportivi e i possessori d'armi, riceva un istruzione preso scuole Statali certificate e abbia una licenza rilasciata da un Amministrazione di garanzia senza la quale egli non possa esercitare.
Formiamo i tiratori perchè non presentino questo sport come la fabbrica di futuri "Rambo" ma l'insieme di sportivi capaci ed esenti da eccessi che tanto male fanno a questo sport.

 

 

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